Le inchieste del Commissario Sanantonio by Sanantonio

Le inchieste del Commissario Sanantonio by Sanantonio

autore:Sanantonio [Sanantonio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Edizioni e/o
pubblicato: 2014-06-17T22:00:00+00:00


AIUTO

Afferro il pezzetto di carta. L’inchiostro è ancora umido…

«Mi dica un po’» faccio all’impiegato, «questo talloncino è del signore che mi precedeva?».

Il piffero ha i capelli a spazzola e l’aria acida, tipo cancro al fegato.

«E che gliene importa?» domanda.

Gli mostro il mio distintivo.

Cambia atteggiamento.

«Che nome?» s’informa.

«Ludovic Balmin».

Guarda nella pila l’ultimo assegno pagato.

«Sì, proprio così» ammette.

Do un’occhiata alla somma segnata sul talloncino.

«Accidenti, ha ritirato dieci milioni!».

«Sì».

«Quel tizio non le è sembrato strano?».

«Non ho l’abitudine di guardare i clienti…».

È vero. Lui è là, nella sua tana, a distribuire denaro tutto il santo giorno, appuntando al risvolto della giacca gli spilli dei pacchetti… Gli spilli sono l’extraprofitto dei cassieri onesti.

«Che cosa succede?» domanda.

Alzo le spalle.

Già, in fondo che cosa succede?

«Niente» rispondo.

M’infilo in tasca il mio denaro e lo pianto là.

Marinette mi aspetta, tutta eccitata all’idea che abbiamo davanti a noi tutta la giornata e che ho ritirato di che offrirle una baldoria coi fiocchi. Speriamo che non si sia messa in mente che io voglia offrirle un gioiello, o una pelliccia! Odio deludere le pupe, io!

«Dica un po’, bellezza» mormoro, «ha visto i due tizi che sono usciti da qui mentre io entravo?».

«Sì» fa lei.

«Da che porta sono usciti?».

«Da quella grande al centro, credo…».

«Venga».

La trascino verso la porta grande dove un agente in mantellina lotta contro il freddo e i pensieri cupi.

Comincio dal principio, ossia col mostrargli la tessera: in cambio di questo semplice gesto, ho diritto a un saluto militare per grandi.

«Non ha visto uscire da qui, un istante fa, un ometto coi capelli bianchi accompagnato da un altro, più alto, con un cappotto di pelle?».

«Sì» fa l’agente.

«In che direzione sono andati?».

«Hanno svoltato a destra… Dovevano essere in macchina, perché quello alto aveva in mano una chiave…».

Mi precipito… Risalgo a lunghe sgambate la fila delle macchine… stoppo di colpo davanti a una grossa decapottabile nera. Dentro c’è il mio ometto livido. Sembra che dorma, perché ha la testa appoggiata al finestrino di destra. Il suo compagno è scomparso…

Apro la portiera, e il vecchio cade sull’asfalto. È moscio come Jean Tissier, e bianco come l’interno di una rapa.

E, per di più, è un po’ morto…

Non da molto, beninteso, ma morto ugualmente. Mi guardo intorno. Dell’uomo col cappotto di pelle, neanche l’ombra. Come nel Sahara.

Nello scorgere il maccabeo, la ragazza si mette a urlare.

«La pianti!» le dico, «e vada ad avvertire l’agente che è davanti alla porta».



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